Alcune associazioni di consumatori stanno segnalando condotte commercialmente scorrette a carico di Tim sulla base del fatto che stia facendo pagare a clienti dotati di partita iva, che utilizzano regimi fiscali con fatturazione elettronica, dei costi illegittimi per “produzione e invio fattura”. Si tratta di una piccola somma, ritenuta non dovuta, che integrerebbe i presupposti di una pratica commerciale scorretta, in quanto la legge Iva (633/1972) stabilisce infatti che “le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo”, un principio cui si richiama anche la più recente legge del 2015 sulla fattura elettronica.
Pari discorso va fatto per la voce “invio” che è altrettanto illegittima in quanto l’invio non è richiesto dal cliente, non è previsto per legge e non fornisce neppure il dettaglio di quanto addebitato solo a titolo di spese di spedizione. Quantomeno vale il discorso della illegittimità per le fatture elettroniche che dal 1 Gennaio 2019 sono recapitate al titolare di Partita Iva tramite servizio elettronico SDI al cliente (art.1 comma 6/6 bis e 6 ter dlgs 127/15).
Le associazioni dei consumatori rilevano che la normativa e le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate, riferendosi al contenuto della norma istitutiva dell’Iva (art. 21 del DPR n. 633/1972), escludono che per la produzione della fattura possano essere addebitati costi al cliente. Ciò nonostante, la TIM richiede ai clienti – pur in mancanza di espressa richiesta – un corrispettivo per l’invio della fattura in formato cartaceo al suo studio.
In considerazione di ciò, le associazioni hannopresentato un esposto all’Antitrust perché proceda alle verifiche e alle relative indagini e contestualmente stanno valutando le condizioni per proporre giudizi civili nei confronti della compagnia telefonica.
Si consiglia, agli utenti dotati di partita iva, di far esaminare la posizione personale ai legali o alle associazioni dei consumatori per ottenere adeguata tutela.